Partiamo dalla parola.
Cooperazione, dal latino cooperàri, composto da con (insieme) e opera (fatica, industria, cura).
Nel nostro ordinamento, l’articolo 45 della Costituzione non ha dubbi: “la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata.”
La cooperazione, in fondo, è questo: costruire ponti, non ostacoli.
Garantire diritti. Superare barriere. Andare lontano, insieme.
Come insegna un proverbio africano:
“Se vuoi andare veloce, va’ da solo. Se vuoi andare lontano, vai insieme.”
Ecco perché oggi vogliamo parlare di accessibilità digitale: una questione etica, oltre che normativa. Un dovere, ma anche una straordinaria occasione di innovazione e inclusione per tutte le imprese, in particolare per quelle cooperative che si fondano sulla mutualità.
Cosa significa rendere accessibili siti e app?
Un sito web o un'app sono accessibili quando possono essere usati da tutte le persone, indipendentemente da abilità motorie, visive, uditive o cognitive.
Questo non significa solo aggiungere i sottotitoli a un video, o scegliere colori con un buon contrasto: significa progettare con empatia, mettendo al centro l’utente, tutti gli utenti.
Alcuni principi fondamentali (WCAG 2.1):
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Percepibile: testi alternativi per le immagini, audio sottotitolati, contenuti ben leggibili.
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Utilizzabile: il sito può essere navigato anche da tastiera o con tecnologie assistive.
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Comprensibile: linguaggio chiaro, layout coerente, moduli semplici da compilare.
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Robusto: compatibilità con diversi browser e dispositivi, comprese le tecnologie assistive.
Queste linee guida si trovano anche nella piattaforma Accessible EU, che raccoglie risorse pratiche, esempi e materiali utili per iniziare (o migliorare) il percorso verso l’accessibilità.
Il quadro normativo: tra Legge Stanca ed European Accessibility Act
In Italia, l’accessibilità digitale ha già un suo riferimento normativo: la Legge 4/2004, nota come Legge Stanca.
Questa norma impone alle Pubbliche Amministrazioni e alle aziende private con fatturato medio annuo superiore a 500 milioni di euro l’obbligo di garantire l’accessibilità di siti web e applicazioni mobili.
Ma le cose stanno per cambiare.
Dal 28 giugno 2025 entra in vigore l’European Accessibility Act (EAA), che estende l’obbligo a:
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Tutte le aziende con più di 10 dipendenti e un fatturato annuo superiore a 2 milioni di euro
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Aziende che forniscono servizi di pubblica utilità
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Aziende a capitale misto pubblico-privato
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Soggetti che ricevono contributi pubblici, per i servizi erogati tramite web o app
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Pubbliche Amministrazioni, per tutti i loro siti e applicazioni (obbligo già vigente)
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Grandi aziende con oltre 500 milioni di euro di fatturato annuo (già soggette all’obbligo)
E chi è escluso?
Le microimprese, ovvero quelle con meno di 10 dipendenti e un fatturato (o bilancio annuo) non superiore a 2 milioni di euro, sono escluse dall’obbligo…
Ma non dalla responsabilità. Perché un sito accessibile non è solo una questione legale, ma una scelta strategica e valoriale.
Cosa dovrebbero fare le imprese (e le cooperative) da qui a giugno?
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Valutare il proprio sito e le proprie app: esistono strumenti gratuiti per testare l’accessibilità (come WAVE, Axe, Lighthouse).
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Rivedere la UX/UI con occhi inclusivi: collaborazione tra designer, sviluppatori e copywriter è fondamentale.
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Formare i team: un sito accessibile si costruisce insieme. Serve consapevolezza a tutti i livelli.
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Coinvolgere le persone con disabilità nei test di usabilità: chi meglio di loro può dirci se qualcosa funziona davvero?
Perché proprio le cooperative dovrebbero essere in prima fila?
Perché l’accessibilità è un principio di giustizia sociale.
Perché la cooperazione non lascia indietro nessuno.
Perché il digitale inclusivo è una scelta di futuro, non una moda tech.
E, diciamocelo, oggi l’accessibilità non è più un optional: è una responsabilità, è una competenza strategica, è una leva di fiducia.
Accessibilità è dare a tutti le chiavi per aprire la porta.
Cooperazione è scegliere di aprirla insieme.